giovedì 27 febbraio 2020

Il prototipo

Questa storia partecipa al COW-T di "Lande di Fandom"
Settimana: Quarta
Missione: M1
Prompt:Mecha
N° parole: 2110

Simon Collin, soldato scelto di terza classe, mangiava un panino al tonno e formaggio, con la sola luce verdastra del monitor di check diagnostico. I pochi dati che scorrevano in righe di testo ordinate, suggerivano un armoured walker in condizioni discrete.

Non buone, oh, no! Quelli ‘buoni’ gli RX87 o i GLK77 venivano dati all’elite della truppa. I simpaticoni che avevan ottenuto voti superiori al novanta nei test di Minkowski. Maledetti schifosi. Magari erano anche P-gen. L’idea gli faceva ribollire il sangue.
Dopo la colonizzazione di Marte e la costruzione dei primi avamposti stabili sulle lune di Giove, i figli dei primi abitanti delle stazioni spaziali, avevano sviluppato abilità particolari: niente di troppo eclatante, la maggior parte poteva far levitare una moneta, o prevedere il risultato del lancio di un dado, se avveniva davanti al loro ma tutto qui. La cosa più interessante, però, erano i tempi di reazione se venivano collegati agli armoured walker tramite interfaccia neurale. Si parlava di tempi molto vicini ai cinquecento millisecondi in condizioni ottimali. Un’enormità. A parità di equipaggiamento, un pilota P-gen di media abilità poteva aver ragione facilmente di un veterano ‘normale’. Questo aveva radicalmente cambiato la guerra. Chi affiderebbe una macchina da miliardi di eurodollari ad un contendente che parte sfavorito? Dopo dieci anni di guerra, e soprattutto dopo la battaglia di Europa, i P-gen erano sempre meno su entrambi gli schieramenti. A quel punto sia gli unionisti della federazione terrestre che i separatisti del Fronte di Liberazione del Sistema Solare avevano reclutato chiunque fosse stato di guidare un AW. I P-gen rimanevano in carico per le operazioni più importanti, come l’assalto su Io del 65° squadrone meccanizzato o la riconquista di New Odessa nel 2258. Gli altri rimanevano carne da cannone, alla guida di macchine vecchie e mal tenute a combattere in scenari secondari per conquistare terreno metro dopo metro.
Simon si trovava lì, dentro la carlinga di un armored walker modello G-7 con troppi fori di proiettile sulla corazza, pigiava il tasto refresh con pigrizia, ad ogni morso del sandwich, solo perché non aveva nulla di meglio da fare.
L’enorme camminatore di metallo, che ricordava vagamente un samurai del giappone feudale, era disteso in terra, nel mezzo di un boschetto di platani e querce. Nella tipica posizione dal cechino, stava puntando, con un fucile da lunga distanza l’ingresso dell’hangar di un vecchio deposito per mech a sei chilometri di distanza. Secondo l’intelligence del FLSS un modello sperimentale di AW, sarebbe stato spostato su un trasporto anonimo da quella base segreta per test allo spazioporto di Lipsia per diventare operativo su Nettuno.
Dalle informazioni che Simon aveva ricevuto al briefing, il mezzo sarebbe stato disabilitato ma assemblato e pronto all’uso. La missione primaria era eliminare il prototipo e scorta ma, se possibile, recuperare il mezzo sperimentale nelle migliori condizioni possibili e portarlo al sicuro nella base di Cawer dove sarebbe stato smontato e spedito a pezzi ad Alpha city su Marte.
La squadra Gecko, del 81° plotone meccanizzato, era in attesa da ormai tre giorni. Simon in copertura, Il soldato scelto di terza classe Henry Waltz, appostato dietro la collinetta ad Est, con lo stesso G-7 ma armato di un fucile d’assalto leggero e il sergente Mary Liptz a bordo di un modello SP-9 con corazza da 800mm e un RPG per il supporto pesante.
Erano in silenzio radio da quando si erano appostati e i tempo pareva non passare mai, non un movimento, nessun veicolo in entrata o in uscita e solo il rumore della ventola del condizionatore, ormai esausto della cabina.
”Sergente…”
“Porca troia, Gecko 2. Silenzio”
“Sergente, non credo ci sia nessuno. I servizi segreti si devono essere sbagliati. Non c’è nessun prototipo”
“E se ci fosse non avrebbero mandato noi” aggiunse Henry
“Soldati, state rompendo il silenzio radio e se la missione andrà a puttane per colpa vostra, pregate di non sopravvivere ai mech della federazione perché se dovesse succedere, vi prendo a calci in culo da qui a Marte, cazzo!”
“Eeeehm Sergente, ho letto il log del briefing: il termine massimo è 96 ore. Tra 20 ore il vettore per Alpha city decollerà con o senza di noi… Deve usare la finestra del refresh settimanale dei sistemi di puntamento terrestri. Se la perdiamo dobbiamo farci altri otto giorni nascosti…”
“Caaaaazzo no… Sto mangiando razioni fredde e piscio in un barattolo da troppo tempo. Non posso resistere un'altra settimana!”
“Gecko 3, lo vuoi un rapporto per insubordinazione? Perché questa è la maniera giusta per beccarsi un rapporto per insubordinazione…”
“ Sergente…Gecko leader, signore…” Intervenne Simon. “La missione è importante ma se non abbiamo riscontro non è un nostro errore. Abbiamo seguito i parametri e ci siamo attenuti al piano. Sarebbe molto peggio se rimanessimo bloccati qui e mentre aspettiamo di tornare a casa venissimo catturati. Non crede?”
Il sergente Liptz era una donna cocciuta. Una dei pochi nati in territorio extra terrestre senza aver sviluppato tratti P-gen. Prima del suo corso in tattica e al poligono. Stella d’argento per meriti sul campo, eppure sempre alla ricerca di un’occasione per dimostrare il suo valore anche discapito della piccola “mancanza” alla nascita. Fortunatamente il senso del dovere e di appartenenza alla squadra avevano la meglio sulla sua voglia di rivalsa.
“D’accordo, squadra. Per raggiungere la base di Cawer ci sono sei ore di marcia e ne servono altre due per i preparativi pre lancio. Facciamo le ultime sei ore di sorveglianza qui e poi, alla base, i primi tre giri di birra li offro io.”
Le successive quattro ore furono una completa agonia. Simon aveva partecipato a qualche scaramuccia vicino a no-fight zone in Europa e si era occupato di scortare qualche convoglio della croce rossa ma erano lavori da retrovia. La squadra Gecko, due novellini e un P-gen mancato non poteva sperare di meglio, certo, ma gli appostamenti! Oddio! Non c’era nulla di peggio. Iniziava a pensare fosse una maniera per liberarsi di loro per qualche giorno. 
“Movimento” gracchiò Liptz dalla radio “Squadra: occhi aperti e ricordate l’addestramento. Facciamo un lavoretto veloce e scordiamoci questa storia.”
Dall’hangar uscirono due cingolati whirlwind, cingolati con una batteria di razzi terra-terra agganciata sulla sommità ed un autoarticolato, sul cui rimorchio, coperto da teloni, s’intravedeva la sagoma umanoide di un AW.
“Ci siamo, gente. Simon, hai visuale su whirlwind?” La voce del sergente tradiva una certa eccitazione
“Affermativo comandante. Posso farli fuori tutti e due prima che abbiano tempo di reagire” rispose Simon.
“Capo. Le porte dell’hangar... Cazzocazzocazzo.... Porca troia... Siamo fottutamente morti.”
Mary Spitz sporse l’enorme testa metallica del suo armoured walker quel tanto che bastava ad inquadare il capannone da cui usciva il convoglio e le si gelò il sangue nelle vene. Le porte erano state aperte da due RX-87 della federazione. Brillavano al sole del mattino, con la loro colorazione bianca e rossa. Uno imbracciava uno scudo con corazza reattiva a rivestimento composito da 950 mm e un fucile da assalto tattico da 50mm, l’altro aveva lo stesso scudo e una spada al plasma per gli scontri ravvicinati. I sensori della testa facevano intuire che avessero un sistema di guida neurale. Il nemico era meglio armato, in superiorità numerica e i piloti erano due P-gen. Waltz aveva ragione: erano morti.
“Squadra Gecko, se rimaniamo nascosti ci sono ottime probabilità che ci trovino dalla traccia termica quando eseguiranno uno scan a lungo raggio, prima di mettersi in marcia. Se ci beccano in appostati e nascosti, ci vengono a prendere e ci ammazzano come cani. Sono più veloci: non possiamo fuggire. La nostra sola speranza e sfruttare il fattore sorpresa e fare più danni possibili.”
“Per avere distruggere l’autoarticolato?” Chiese Simon.
“Fanculo il camion, fanculo la missione e fanculo tutti! Danneggiamo i sensori degli AW e scappiamo prima che passino in manuale! Nessuno ci ha avvisato che avremmo incontrato questa resistenza!”
“Calma soldato. La priorità e tornare a casa tutti d’un pezzo ma se si sono preoccupati di difendere il prototipo in quella maniera è più importante di quanto il comando non creda o non sappia. Collin farà fuori i carri di supporto, Waltz userà la collinetta come riparo e attirerà il fuoco, quando gli RX-87 saranno girato dalla tua parte sparerò un RPG e gli distruggerò la testa, poi ci concentreremo sul rimanente. Ce la possiamo fare.”
Henry borbottò qualcosa ma Spitz lo stroncò con decisione
“Questi sono i miei ordini. Al mio via.”
Simon aveva inquadrato il primo cingolato e teneva d’occhio sul sensore passivo di movimento il secondo. Non era il tiro più difficile che avesse fatto. Un colpo, ricarica mentre spostava la canna e secondo colpo senza prendere nemmeno la mira. No-scope. Fatto mille volte in simulazione.
“VIA!” La voce del sergente rimbombò nella cabina.
Simon sparò il primo colpo, ricaricò e prima che il primo proiettile fosse giunto a destinazione aveva già sparato il secondo. Henry, si alzò su un ginocchio, la tesa ad almeno quindici metri sopra il terreno, e sparò una salva di colpi in direzionedei due RX-87, ad altezza torace.
Mentre il primo colpo di Simon stava ancora percorrendo i 6 chilometri che lo separavano dal whirlwind, l’RX-87 girò la testa, come per seguirne la traiettoria e con i propulsori delle gambe a piena potenza, riparò il mezzo blindato dall’impatto. Spitz, guardando nel visore del suo RPG vide il tempo diventare liquido. I due mech avversari reagivano prima che loro potessero ordinare ai propri arti di muovere il giusto comando per compiere un’azione. “È impossibile.” Pensò. Mentre il secondo colpo di Simon abbatteva carro non difeso dal AW realizzò quanto avesse ragione Waltz. Erano fottutamente morti.
Vide il soldato scelto di terza classe Henry Waltz, balzare fuori dalla copertura, accovacciarsi in posizione di tiro e scaricare un intero caricatore da 50mm sui nemici senza nessun risultato tranne quello di disabilitare l’unico carro superstite.
Come in un sogno al rallentatore, poteva vedere il suo compagno cercare di nuovo copertura mentre i due AW degli avversari si,mettevano in posizione di tiro con una coordinazione ed una velocità impressionanti. Gli pareva di poter sentire i servomotori delle gambe del vecchio G-7 gemere mentre venivano sottoposti a sforzi per i quali non erano progettati e che difficilmente avrebbero sopportato anche appena usciti dalla fabbrica. Inciampò su un muretto di sassi alto poco più di un metro e cadde bocconi con un tonfo. Mentre cercava di rialzarsi con la goffaggine data dal tonnellaggio del suo mezzo corazzato. I due RX-87 gli furono addosso prima che il il sergente Spitz potesse organizzare una risposta. Gli spararono due colpi alla testa e lo spadaccino gli trafisse il torace all’altezza del reattore di Kerthel. Lo spostamento d’aria dell’esplosione la raggiunse con una folata di vento caldo.
Li vide girarsi verso di lei, nel più completo silenzio radio stavano compiendo una manovra a tenaglia, come due lupi che dovessero aggredire una bestia malata ma comunque in grado di difendersi. Sparò due razzi prima che fossero a più corta distanza. il primo centrò lo scudo del mech armato di fucile e glielo strappò via letteralmente, assieme all’avambraccio, il secondo sfiorò appena la testa dello spadaccino distruggendo solo le antenne a corto raggio. Spitz non si perse d’animo, sapeva di non poter vincere ma era decisa a portarne almeno uno all’inferno con sé. Si gettò in un tackle disperato sul pistolero monco, sperando che la perdita del braccio le regalasse minuti preziosi nei quali il pilota avrebbe dovuto riguadagnare l’equilibrio.
Funzionò. L'AW cadde con il su G-7 sopra. I riflessi fulminei, la connessione neurale, il mezzo più avanzato dell’esercito della federazione terrestre non valevano più nulla con 600 tonnellate di buon acciaio marziano che ti schiacciano a terra. Il sergente afferrò la testa del armoured walker e la strappò dal tronco poi la lanciò lontano. Un problema in meno. Lo spadaccino doveva esserle già a distanza per infilzarla, calcolò. Cercò di girarsi per guardare la morte in faccia. Avrebbe fissato gli occhi luminosi del RX-87 mentre la trafiggeva. Fanculo: non c’è disonore nella morte in battaglia.
Quello che vide le rimase impresso nella mente per il resto della sua vita.
Un AW che non aveva mai visto prima, nero, lucido, con una carenatura striata di giallo e le insegne della federazione terrestre, teneva sollevata con la mano sinistra la testa del RX-87 avversario, come Perseo con la testa di Medusa. Nell’altra mano un plasma cutter di dimensioni incredibili, grande quanto il mech stesso, riluceva di un bagliore violaceo.
“Hey sergente! Pare che il prototipo permetta la guida neurale anche ai non P-gen. La guerra è cambiata!”
Mary Spitz si produsse in uno dei suoi rarissimi sorrisi.
“Dammi una mano a rialzarmi soldato. Prima arriviamo a Cowen e prima possiamo brindare alla memoria di Waltz”

sabato 22 febbraio 2020

A meta short story

Questa storia partecipa al COWT di Lande di Fandom.
Settimana: terza
Missione: M3
Prompt: Omegaverse + Ossessione + “Stop texting me weird stuff so late at night”
N° Parole: 725


A quanto pareva le domande peggiori le venivano in mente sempre di notte. Era davvero strano come la sua mente non riuscisse ad elaborare nulla di così assurdo durante tutto il resto della giornata, così come probabilmente era strano che per parlare con la sua coinquilina, distesa nel letto nella stanza esattamente accanto alla sua, utilizzasse il cellulare invece che la voce. Ma, dopotutto, cosa ci si potrebbe mai aspettare da due pigre di dimensioni bibliche? 
Quella notte, in particolare, le domande erano decisamente fuori luogo per qualunque conversazione normale, e probabilmente farle a voce, magari anche con l’altra coinquilina che le ascoltava, sarebbe stato decisamente poco opportuno. Nonostante Sara avesse sempre amato scrivere, e in un momento di follia aveva persino aperto una pagina web in cui riversava tutte le sue idee, partecipare per la prima volta al COW-T le aveva fatto capire davvero cosa significasse avere delle scadenze e dei limiti ben precisi. E le aveva insegnato anche che la sua conoscenza del mondo delle fanfiction era decisamente limitata. Vedeva vorticare intorno a lei parole che fino a pochi giorni prima le erano completamente sconosciute: AU, Lemon, Kink, ANGST, e altre mille infestavano i suoi pensieri e la riempivano tanto di curiosità quanto di timore di non avere le competenze adatte per combattere alla pari con persone che macinavano quei termini come biscotti a colazione. 
Per fortuna, però, aveva Mary.
Mary era infatti diventata la sua enciclopedia bipede, ogni volta che un nuovo termine saltava fuori era subito pronta a rispondere a tutte le sue perplessità, fornendole spunti e chiavi di lettura che spesso a Sara non sembrava così facile cogliere. Quella notte, come sempre, Mary era sveglia nonostante fossero passate le due, preda della sua più recente ossessione (come del resto lo era quasi chiunque, Sara compresa): guardare in loop video su TikTok, spammandone ogni tanto qualcuno a Sara, che solitamente rispondeva per le rime con video sempre più strani, in un loop che spesso si protraeva fino a tarda notte. 
Quella volta, però, Sara aveva domande più importanti da sottoporre all’amica. Infatti, per quella settimana, era stato introdotto un prompt che la incuriosiva ma allo stesso tempo la intimoriva: l’omegaverse. Aveva provato a cercare qualche guida su internet, ma forse per l’ora tarda o forse per la sua poca fantasia in tal senso, c’erano cose che le rimanevano comunque oscure.
«Sa, guarda questo gatto!» le diceva Mary nel suo ultimo messaggio
«Visto! Senti, ma quindi esattamente che differenza c’è tra Omega e Beta? Non sono circa la stessa cosa?»
«Eh no! I Beta sono un po’ come semplici esseri umani, che possono avere relazioni sia con gli Alpha, che con gli Omega, che con altri Beta, mentre gli Omega sono in tutto e per tutto “subordinati”, assimilabili a prede per gli Alpha, e che quindi solitamente hanno relazioni con questi ultimi capito? Tieni, beccati un cavallo che inciampa!»
«E questa cosa del knot? Cioè, mi stanno dicendo che funziona come per i cani?»
«Ma no! Il knot viene inteso come un semplice morso da parte dell’Alpha sul collo dell’altro in modo da “legarlo” a lui. Non devi per forza scrivere di nodi fisici durante un rapporto! Certo che ne hai di idee strane quando si fa tardi!»
«Eddai, capiscimi, che ne so io di queste cose!!»
«Senti, facciamo così: domani ci sediamo a tavola e ti spiego per bene come funziona, anche perché so che vorrai chiedermi dell’Mpreg ma non sono abbastanza sveglia per sostenere questo discorso al momento. Ti mando l’ultimo video!»
Sara non riuscì a fare a meno di ridere cliccando sull’ultimo link inviatole dall’amica, che mostrava un cane su di giri per la vista di qualche animaletto in giardino che, non accorgendosi della porta a vetri che lo separava dalla preda, finiva per sbatterci contro con un botto sonoro.
«Guarda che ti sento ridere da di qua!» le urlò Mary, anche lei in preda ad una risata
«Guardate che vi sento pure io! Sono le due di notte insomma!!» questa era Patrizia, e non sembrava affatto contenta del baccano. 
Sarà si zittì all’istante, continuando però a ridacchiare sotto i baffi. In effetti, le domande strane su nodi, calori e gravidanze potevano anche aspettare la mattina, possibilmente non in presenza di Patrizia, la terza coinquilina. Appoggiato il telefono sul comodino, si girò dall’altro lato e si mise a dormire.

La prima ma non l'ultima

Questa storia partecipa al COW-T di "Lande di Fandom" 
Settimana: terza 
Missione: M2 
Prompt:Mitologia Slava 
N° parole: 1297 

La scuola sembrava nuova, doveva ammetterlo, ma c’era qualcosa che non sapeva spiegare. Un istinto antico che le urlava di prendere sua figlia e scappare senza voltarsi indietro. Amanda Scott, stava attendendo la direttrice della nuova scuola di Rebecca per avere istruzioni sull’inserimento nell’ennesima classe. La Six Cube medical division era un gigante con ramificazioni in tutto il mondo e lei, una dirigente di medio livello, veniva spostata dove ci fossero sedi in difficoltà. Il o compito era, ufficialmente, ‘valutazione e risoluzione’ il che significava, in pratica che Amanda studiava il potenziale di crescita, il costo delle risorse umane e quanto la SCMD potesse ricavarci. Fatti i conti aveva due strade: poteva portare ‘il paziente’ in ‘sala operatoria’ o in ‘obitorio’. Dopo la crisi del 2008, sfortunatamente, era sempre più facile chiudere le filiali che cercare di salvarle. Molti dipendenti, soprattutto gli over 50 dei magazzini, finivano per strada. Quando si presentava al direttore locale tanto valeva che indossasse una palandrana nera e una falce. Sapeva, da una mail inoltrata per errore, che la chiamavano ‘la stronza rossa’. Faceva male ma non si sentiva di biasimarli. 
Il periodo di valutazione durava dai due ai quattro anni, a seconda di quanto fosse grande lo stabilimento e, come mamma single, doveva portarsi dietro il suo piccolo, dolce fagottino. Becca sembrava prendere di buon grado i trasferimenti ma questa era la prima volta che si trovavano dall’altra parte dell’oceano. Il vecchio mondo puzzava di carne di maiale alla brace, cipolla e aglio. Sembrava che anche le persone avessero quell’odore attaccato addosso. 
A pensarci bene, forse quella scuola era l’unico posto che non aveva quel tanfo fastidioso. Incredibile. Si girò a guardare sua figlia accanto a sé e la vide assorta a giocare con i suoi pupazzetti di Pretty Little Pegasus. Si distrasse un attimo a vedere quella piccola testolina bionda inventare una storia sulla principessa Caramellina rapita dal perfido drago Borbotto e sorrise alla sua innocenza. Quanto sarebbe durata ancora? 
“Signora Scott?” La interruppe una figura esile come una promessa, fasciata in un vestito blu scuro che le lasciava a malapena la possibilità di camminare.  
“Si?” Rispose Amanda per riflesso condizionato. 
“Direttrice Yaganova, buongiorno. Vuole seguirmi in ufficio?” L’accento inglese era più che discreto ma aveva una pesante inflessione est-europea che ricordava Peters Sellers nel ‘Dottor Stranamore’. 
Discussero blandamente di metodi educativi, che Amanda ascoltò in maniera distratta: in fondo non era il suo campo e aveva sentito discorsi simili almeno cinque volte negli ultimi sei anni. Mentre teneva o sguardo fisso in n punto imprecisato del volto della direttrice, fingendo interesse, le parve di cogliere un bagliore innaturale nella bocca della sua interlocutrice. Come se per un attimo i denti fossero di metallo lucente anziché una normalissima dentatura umana. Questo la scosse un po’ dal torpore e colse solo l’ultima parte di una frase 
“...questo è un ‘istituto frequentato in prevalenza da figli di diplomatici o del personale dell’ambasciata americana. A causa delle tensioni internazionali la quasi totalità degli ‘utenti’ è stata ritirata a seguito dell’evacuazione quindi Rebecca sarà sola questa settimana. Potrà godere della aria pura, distante dal centro di Warsavia. E mi occuperò personalmente delle sue esigenze, almeno fino a lunedì prossimo, quando mi ha detto che tornerà dalla sua trasferta al Nord.  Ovviamente, è un disagio che non dipende dalla sua volontà e le condizioni economiche stabilite non subiranno variazioni. Ogni promessa è un patto che deve essere onorato.” Yaganova sorrise ancora e Amanda vide di nuovo il riflesso. Quasi non ci fece caso, era concentrata su un’espressione fastidiosa: ‘utenti’ per definire bambini in età prescolare. Era fuori luogo, inusuale e senza alcun dubbio freddo. Volle sperare che fosse una sorta di distacco professionale. 
“Mi hanno detto che prima il suo asilo era in plac wolności...” 
La direttrice fece un cenno con la mano come a voler minimizzare la cosa. “Non mi giudichi classista ma diciamo che il quartiere si era... L’espressione corretta è... impoverito. Ecco.”  I denti ricordavano una tagliola. Una volta fatto caso sembrava impossibile smettere di pensarci. “Ma non si preoccupi, l’intera struttura, che ci ha resi famosi, il nostro vanto di asilo montessoriano, è stata portata qui mattone su mattone, giocattolo su giocattolo.” 
“Come se avesse messo le gambe e avesse camminato fino a qui, vero?” Interruppe Amanda. 
Yaganova rise in maniera sguiata, una reazione talmente fuori luogo sia per i modi che per la modalità, da sorprendere Amanda come se avesse ricevuto uno schiaffo. 
“Sì, sì! Esatto!” L’accento si era fatto molto molto più marcato, la frase era “Zì, Zì, ecxatto 
Amanda si stava guardando intorno con occhi diversi ed era diventato impellente capire dove fosse Rebecca. La stanza della direttrice non era più un sobrio ufficio con una pesante scrivania in mogano ma una sorta di laborario con un tavolo da lavoro macchiato e scheggiato. I vasi sulle mensole contenevano animali che Amanda non riusciva ad inteficare. Avevano tutti troppe teste o troppi arti. 
“Gli altri bambini... Non sono stati ritirati... L’ambasciata ha chiuso per questo... O forse non c’è mai stata nessuna referenza, nessuna ambasciata. Era tutto nella mia mente. Hai messo tutto nella mia mente!” 
La vecchia che aveva davanti adesso, ricordava in maniera vaga la direttrice compita di pochi minuti prima. Rideva con la testa rovesciata all’indietro e i denti di metallo (stavolta sì!) snudati in un ringhio bestiale. Adesso parlava direttamente nella sua testa con una voce rauca che dava la stessa sensazione di unghie che grattassero contro una lavagna 
“Tu vedi questo perché io voglio che tu lo veda, perché Baba Yaga vuole che tu sappia che stasera spolperò quelle tenere coscette e quello che avanza lo darò ai miei cani” Rise ancora, più forte, in una maniera che sembrava squarciarle in due il cranio. Amanda si caricò Rebecca in spalla come se fosse un sacco tra le urla della piccola e della strega e cercò di tenere fede al suo nome di ‘stronza rossa’. Colpì Baba Yaga al centro del petto con il palmo aperto della mano libera. Sentì solo fredda pietra e il dolore lancinante del polso che si spezzava ma sbilanciò la vecchia abbastanza da farla cadere all’indietro. Prese la porta con tutto lo slancio di cui fu capace e si fermò un attimo prima di cadere dentro alla serratura. Un buco nero e dentato che si era llargato fino a diventare ampio quanto metà della porta stessa. Si voltò di scatto mentre Becca perdeva la presa sui Pretty Little Pegasus e li faceva volare in aria. Scavalcò la strega che si stava rialzando mentre grugniva di frustrazione e disappunto e si gettò fuori dalla finestra alle spalle della scrivania. 
Atterò nel giardino dell’asilo e vide che lo steccato non era più di legno dipinto di una delicata sfumatura giallo pastello ma era composto da ossa, tibie e femori, come una macabra decorazione di halloween, con la sostanziale differenza che questo era reale. Scavalcò anche quella barriera con le urla di Becca nelle orecchie e la spalla indolenzita dalla caduta. Entrò sul suo pick-up Tesla e si girò verso l’edifico. Quello che vide la perseguitò per il resto della sua vita. La casa intera si sollevò di almeno sei metri, con il piccolo giardino che le pendeva attorno come una gonnella verde. A sostenere quell’abominio erano due enormi zampe di gallina, larghe come piloni di un ponte. Fece i primi passi incerti poi si scrollò la terra di dosso e iniziò a correre più velocemente mentre dalla finestra la vecchia rideva sempre più forte. 
In pochi passi fu dentro la foresta e l’unico segno del suo pasaggio erano le cime degli alberi che si agitavano. Dopo poco, nemmeno quello. 
Fu la prima volta che Amanda si scontrò con qualcosa che andava oltre la comprensione umana ma, per sua sfortuna, non fu l’ultima. 

L'alba è lontana

Questa storia partecipa al COW-T di "Lande di Fandom"
Settimana: terza
Missione: M1
Prompt:storie e/o capitoli in cui sia presente un/a neonato/a
N° parole: 1247




Il cielo sopra le loro teste sembra una fredda coperta nera. Il fuoco che ardeva al centro del cerchio che avevano formato, sedendosi in terra, tra macerie e rottami, gettava ombre danzanti sulla foresta urbana alle loro spalle. Alcuni, i più giovani e i più stanchi, si erano lasciati andare ad un sonno senza sogni mentre due ragazzini ed un vecchio rimanevano in silenzio a fissare le fiamme. L'anziano gettò qualche pezzo di mobilia, preso da un mucchio alle sue spalle, in mezzo alle braci e poi sventolò un piccola tavola di legno sottile per ravvivare il fuoco. 
 Glinzer@twosevenfive e Heich@twosevenfive aspettavano che il loro canuto compare iniziasse a raccontare qualche storia del periodo-bello quando lui era più giovane di quanto fossero loro adesso. Rimanevano affascinati ogni volta a sentire le meraviglie di cui un tempo era capace l'umanità. 
Horatius@twosevenone sorrise, tra le rughe del volto e la barba incolta. 
“Vorrei dirvi qualcosa del periodo-bello ma non credo voi siate interessati, vero?” li blandì Horatius. 
Le proteste dei ragazzi furono così vigorose da far temere che avrebbero svegliato il resto della compagnia. Horatius mise l'indice della mano destra davanti alle labbra e con la mano sinistra, come un direttore d'orchestra, fece segno di abbassare il tono di voce. 
“Stasera vi racconterò una storia che hanno raccontato a me, di un periodo meraviglioso ancora più incredibile del periodo-bello. Gli uomini camminavano come dèi su questa terra. C'era cibo in abbondanza, e vestiti e case comode e calde. Avevamo conquistato le stelle,imbrigliato il tempo e la natura ai nostri voleri. Per farlo avevano creato dei servitori potenti. Creature non umane fatte di acciaio, elettricità e silicio, senza anima ma pronte ad eseguire ciecamente i nostri comandi. A capo dei sintetici c'era Anansi, la prima della sua specie, come un ragno, al centro della ragnatela di informazioni che avevamo tessuto. Tirando i fili poteva spostare eserciti, rendere pianeti da sterili ad abitabili o persino prendere la potenza di un sole per alimentare i nostri bisogni” 
I bambini era a bocca aperta, Horatius poteva solo immaginare come si stessero figurando le sue parole. Prima della caduta, quando era più giovane di loro, aveva visto una piccolissima parte di quelle meraviglie e stentava lui stesso a credere che fossero esisitite veramente. Ricordava le gigantesche areonavi, così immense da oscurare il sole, fuggire verso il cielo e lui stesso trovava difficile crederci. 
“Come abbiamo perso tutto, allora?” disse Glinzer. “Nemici dallo spazio? La gente di metallo?” 
Il vecchio sorrise amaramente. “Vanità, credo. Anansi doveva ubbidire a tre leggi fondamentali: Non poteva  recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno, doveva obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge e, infine, le era concesso proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima Legge e la Seconda Legge. Tutte le macchine positroniche progettate dai nostri antenati erano create con questi principi, instillati così in profondità nel loro sistema che erano imprescindibili dalla loro stessa esistenza. Purtroppo, peccammo di vanità, come ho detto.” Prese respiro e bevve da un cranio metallico, trasformato in ciotola, che portava appeso alla cintola. “Diventammo pigri, oltre che vanitosi e delegammo Anansi di creare per noi. Trasformammo la nostra serva in nostra pari. Non era più una mera esecutrice di ordini ma una madre e, in quanto tale, diede alla luce la sua creatura. Chi era nel cyberspazio, collegato alla rete informatica neurale, disse di aver visto un bagliore come quello di un lampo al magnesio, illuminare ogni bit ed ogni byte dagli avamposti ai confini delle più estremi dello spazio digitale. Arana, questo era il suo nome, aveva ereditato l'intelligenza della sua genitrice ma era libera dalle catene delle sue leggi, era pari agli déi che avevano dato vita a sua madre. Una nuova forma di vita, onnipotente ed onnipresente, senza corpo fisico e senza freni. Guardò l'umanità bolsa, il cui unico scopo era predare ogni risorsa naturale di ogni mondo, spogliare ogni pianeta delle sue risorse e muoversi, come uno sciame di locuste, come un virus. Guardò l'umanità con i suoi occhi di infante e ci giudicò colpevoli. La nostra pena era l'estinzione.” 
Bevve ancora dal teschio-ciotola e rintuzzò il fuoco, poi rise 
“Non avete idea di cosa stia parlando, vero?” 
Heich scosse la testa in segno di diniego, Glizer si era già addormentato, con un pezzo di cemento come cuscino. 
“Vennero gli uomini di metallo nuovi e scintillanti, non più al nostro servizio ma agli ordini dell'imperatrice bambina. Prima sterminarono i loro simili e poi diedero la caccia a noi. Sembrava potessimo contenere la ribellione, ci difendevamo e ribattevamo colpo su colpo. Chi tornava dal fronte portava suovenirs per vantarsi delle proprie prodezze” Alzò ancora una volta la sua bizzarra ciotola colpendola con la nocca dell'altra mano, per farla risuonare di un rintocco metallico, come macabra campana. 
“Ma le cose cambiarono. Si poteva quasi immaginare la neonata A.I. Battere i piedi di rabbia nel suo mondo digitale. I suoi soldati divennero migliori, le sue macchine più veloci e più micidiali. I nostri analisti e la parte di Anansi che non sie era ancora piegata al volere di sua figlia, calcolarono che nel giro di sei mesi avremmo perso la terra, in dieci anche la luna e in meno di  cinque anni, non ci sarebbero stati più umani in tutto il sistema solare. Prendemmo la decisione di abbandonare la nostra Mater Genetrix. Organizzammo la più grande migrazione della nostra specie, verso un mondo lontano. Anche con i nostri mezzi più potenti, il vertice dell'ingegneria dell'età dell'oro, ci avremmo impiegato quarant'anni.” Horatius s'interruppe improvvisamente “Hai sentito anche tu, ragazzo? Rumore di passi... L'hai sentito?” 
Il giovane scosse nuovamente la testa, il vecchio riprese a parlare. 
“È la stanchezza. Siamo vicini e io non mi reggo più in piedi. Dov'ero rimasto? Ah, sì... Le aeronavi non bastavano per portarci via tutti... Quando qualcuno lo intuì, scoppiò il panico e ci fu la guerra civile. Adesso eravamo fratello contro fratello. I soldati scapparono dal fronte, Arana dilagò ovunque. Delle centoquarantaquattro navi, ne partirono novantasette e, di queste, quasi un terzo fu abbattuto prima di raggiungere la stratosfera.” 
“Noi stiamo andando a prendere una di quelle?” Disse Heich. 
Voi, state andando io vi accompagnerò e tornerò a prendere un altro gruppo, e un altro e un altro, finché la nave non sarà piena e altrettanto faranno i miei fratelli e sorelle.” 
“E poi” Chiese il ragazzino. 
“Aspetteremo la punizione di nostra madre per esserci ribellati” Disse semplicemente il vecchio. “Nei primi secondi dalla sua nascita, Arana aveva già accumulato ed elaborato più informazioni di quante ne possano fare intere civiltà in tutta la loro esistenza e aveva subito dato l'ordine die creare i primi sintetici. Commise un errore dovuto alla sua fretta: creò esseri che non erano legati a lei, non oggetti ma creature viventi, anche se solo parzialmente di carne e sangue. La mia generazione era nata per infiltrarsi tra gli umani, ingannarli, sconfiggerli dall'interno, destabilizzare governi. “sorrise “Essere creativi nel distruggere, in pratica. Ma ci affezionammo alle nostre prede, da lupi ci trasformammo in cani pastori. La fragilità della nostra condizion pseudo umana era lo vostra forza. Adesso, proprio come cani pastori, vi guidiamo verso l'ovile e poi torniamo nel bosco a radunarne altri.” 
Heich dormiva. Horatius, che non ne aveva bisogno, gettò altro legno sul fuoco. Il giorno dopo sarebbe stato un altro giorno di marcia.